MASSIME 1. Il fatto che il dato analitico venga fruito dai medici di reparto richiedenti senza alcuna validazione clinica o, comunque, senza l’assistenza del Dirigente medico competente in patologia clinica, finisce con l’addossare al tecnico di laboratorio, comunque, delle responsabilità che non gli competono, estranee alla sua figura professionale. D’altra parte si tratta di risultati di analisi che assumono un rilievo essenziale nel trattamento sanitario e, quindi, di una prestazione che la normativa posta dall’anzidetto art. 9 DPCM 10 febbraio 1984 riserva all’intervento ed alla responsabilità del direttore di laboratorio il quale risponde, oltre che dell’organizzazione complessiva del servizio, anche del controllo dei relativi risultati. 2. È illegittimo il provvedimento con il quale è stata disciplinata la procedura a cui attenersi per le richieste di analisi in urgenza che prevede la presenza del solo tecnico di laboratorio, in quanto è indispensabile anche la presenza fisica del laureato nel laboratorio nello svolgimento della propria attività lavorativa di certificazione del dato tecnico e di formulazione dei relativi giudizi valutativi. Ne consegue la illegittimità degli ordini di servizio i quali costringono il Tecnico di laboratorio a lavorare in solitudine, siccome privo della necessaria collaborazione del Dirigente di laboratorio il quale, mediante la sua validazione clinica, rende fruibile i risultati derivanti dalla validazione tecnica. 3. La illegittimità della mancanza di collaborazione costante da parte del dirigente medico appare ancora più evidente nella verifica relativa alla sussistenza dei “Valori di Panico” – idonei a destare serie preoccupazioni sullo stato di salute – in cui viene richiesto al tecnico di laboratorio di interloquire sul da farsi col Dirigente reperibile per via telefonica (dopo aver ripetuto l’esame); con la conseguenza che al tecnico stesso vengono addossate responsabilità esulanti dal ruolo svolto perfino nelle occasioni di maggiore criticità. Corte D’Appello di L’Aquila Sezione per le Controversie di Lavoro e Previdenza REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di L’Aquila, Sezione Lavoro e Previdenza, composta dai seguenti magistrati: Dr. Luigi SANTINI Presidente Dr.ssa Anna Maria TRACANNA Consigliere Dr. Ciro MARSELLA Consigliere relatore nella camera di consiglio tenutasi in data 7 aprile 2022 secondo le modalità previste dall’art. 221, comma quarto, D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni nella L. n. 77/2020, lette le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di secondo grado promossa con ricorso depositato in data 3 giugno 2021 e vertente tra Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo (appellante) e C. D. ed altri 13 (appellati) avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n° 50/2021 pubblicata dal Tribunale di Teramo, in funzione di giudice del lavoro, in data 3 febbraio 2021 RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Col ricorso introduttivo depositato in data 27 maggio 2019, gli odierni appellati deducevano quanto segue, come analiticamente ricostruito dalla sentenza di primo grado: “- di essere tutti Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico alle dipendenze dell’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo, presso l’Ospedale Civile Giuseppe Mazzini di Teramo, dove svolgono attività di laboratorio tipiche della relativa figura professionale, consistenti, a titolo esemplificativo, in analisi biomediche e biotecnologiche, di biochimica, di microbiologia, di parassitologia e virologia, di farmaco-tossicologia, di immunologia, di patologia clinica, di ematologia, di immunoematologia, di biologia molecolare, di citologia e di istopatologia; - che il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico, infatti, è addetto all’esecuzione dell’analisi chimica di un campione biologico, con la conseguenza che, al fine di garantire l’attendibilità del risultato analitico, si occupa anche della manutenzione e del controllo di qualità delle varie strumentazioni di laboratorio; - che tale figura professionale firma il risultato analitico del campione biologico mediante la c.d. “Validazione Tecnica”, che costituisce la certificazione della regolarità tecnica delle analisi svolte; - che soltanto in seguito all’apposizione della Validazione Tecnica, viene apposta la firma del Dirigente laureato mediante la c.d. “Validazione Clinica” che costituisce la valutazione clinica del dato analitico; - che il risultato analitico munito sia della Validazione Tecnica che della Validazione Clinica viene definito “referto”, che è il solo atto in base al quale il medico richiedente può praticare terapia sul paziente; - che di conseguenza, la fruibilità clinica del dato di analisi munito di Validazione Tecnica è possibile soltanto mediante l’ulteriore apposizione della Validazione Clinica; - che per tali ragioni, fino al 2014, l’organizzazione di lavoro dell’U.O. Patologia Clinica dell’Ospedale di Teramo contemplava la presenza della guardia medica notturna, che provvedeva ad apporre la “Validare Clinica” sui risultati muniti di “Validazione Tecnica” delle analisi di laboratorio richieste in urgenza nelle ore notturne; - che il dato analitico, infatti, può essere definito “referto” ed essere legittimamente (ovvero lecitamente) fruito ai fini terapeutici solo se è fornito sia della “Validazione Tecnica”, che viene effettuata dal Tecnico di laboratorio che effettua l’esame, che della “Validazione Clinica”, che viene effettuata dal Dirigente medico che stabilisce la congruità tra i vari dati analitici, nell’ambito delle rispettive competenze professionali; - che del tutto inaspettatamente, con la nota prot. int. n. 75 del 16/09/2014, avente ad oggetto “modifica turni di servizio del Laboratorio di Patologia Clinica di Teramo” (doc. 1), la Azienda Sanitaria resistente disponeva che “a decorrere dal primo di ottobre, il turno notturno sarà garantito solo dal tecnico di laboratorio che avrà la possibilità di chiamare in caso di necessità e per competenze di esami, il tecnico di laboratorio o il Dirigente responsabile”; - che di conseguenza, a decorrere dal 1° ottobre 2014, il dato di laboratorio delle analisi richieste in urgenza nelle ore notturne viene fornito direttamente al medico richiedente in assenza della necessaria Validazione Clinica; - che siffatto ordine di servizio ha comportato, in capo al Tecnico di laboratorio che svolge l’esame, la diretta assunzione di responsabilità che non attengono alla propria figura professionale e riguardano soltanto il personale medico; - che l’Azienda Sanitaria resistente, ben consapevole del rilevante rischio derivante dalla fruibilità immediata del dato analitico privo di validazione clinica, ha allegato all’ordine di servizio appena menzionato la procedura da adottare in caso di “valori di panico”, consistente in un protocollo da seguire nei casi in cui il risultato degli esami sia visibilmente problematico, addossando indebitamente sul Tecnico di laboratorio la valutazione sulla congruità clinica del dato analitico; - che i Tecnici di laboratorio, pertanto, inviavano diverse richieste di modifica dell’ordine impartito, con la speranza che potesse essere ripristinata la presenza della guardia medica nelle ore notturne, che potesse garantire l’apposizione della validazione clinica sul risultato delle analisi di laboratorio, evidenziando che l’ordine di servizio, oltre a comportare per i tecnici di laboratorio assunzioni di responsabilità che non competono loro, provoca anche un notevole disservizio proprio nei casi in cui dovrebbe essere prestata maggiore attenzione al risultato analitico, essendo le analisi svolte in orario notturno “di gran lunga più delicate in quanto afferiscono a quel volume di attività espletate “in urgenza - emergenza” che spesso risultano propedeutiche ad interventi operatori anche di vitale importanza” (doc. 2); - che con nota prot. int. n. 100 del 31.12.2014 (doc. 4), l’Azienda sanitaria resistente negava la modifica dell’ordine di servizio impartito sulla base della considerazione che la medesima soluzione “è stata adottata nei laboratori spoke della ASL da oltre 5 anni e non si è avuto mai nessun problema di natura medico legale”; - che ciò nonostante, con nota Prot. Int. n. 14 dell’11.05.2016, avente ad oggetto “Validazione Tecnica” (doc. 5), l’Azienda Sanitaria resistente integrava il precedente ordine di servizio disponendo che “i risultati dei dati richiesti in urgenza, dopo la validazione tecnica saranno visibili sul monitor del reparto richiedente e stampabili dal sistema”, dichiarando che “verrà superata in tal modo la criticità di rendere visibili i risultati in tempi ridotti senza attendere la validazione clinica o l’apposizione della firma digitale da parte del personale Dirigente”, in tal modo, “viene data al reparto la possibilità di stampare in formato cartaceo il risultato degli esami con la sola validazione tecnica”; - che con un siffatto ordine di servizio, quindi, viene effettuata terapia nei pazienti critici, immediatamente in base al dato di analisi privo di validazione clinica, che ne possa attestare la congruità tra i vari dati analitici, procedendo, a titolo esemplificativo, a trasfusioni, somministrazioni di farmaci ed addirittura interventi operatori e dimissioni; - che inoltre, nonostante l’ordine di servizio impartito preveda che la validazione clinica venga effettuata “di norma” il mattino seguente dal Dirigente di turno, nella realtà dei fatti, in alcuni casi, avviene settimane o addirittura mesi dopo; - che di conseguenza, con nota del 26 maggio 2016 (doc. 6), un Tecnico di Laboratorio in servizio ha esortato nuovamente l’Azienda Sanitaria a tornare sui propri passi ed, in particolare, a “specificare espressamente che la validazione dei dati trasmessi dal tecnico in urgenza, per il rilascio tempestivo: 1) venga effettuata dal medico dirigente del dipartimento di emergenza, 2) che pertanto la relativa stampa dei dati venga validata appunto dal medico richiedente, 3) che in ogni caso si specifichi che si tratta di rilascio di risultati e non di reperto o referto medico, 4) che il tecnico è responsabile del dato oggetto di analisi rispetto agli accorgimenti tecnici e al corretto svolgimento delle procedure di analisi del suddetto, ma non è responsabile dei risultati di analisi rispetto alla loro visualizzazione, lettura, interpretazione e utilizzo clinico”; - che anche tale missiva non sortiva l’esito sperato; - che l’argomento è stato anche oggetto di tentativo di conciliazione innanzi alla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Teramo, tenutasi in data 22 maggio 2018, nell’ambito della quale, tuttavia, la Azienda sanitaria assumeva posizioni rigide, argomentando semplicemente sull’ovvietà che “il risultato emesso in urgenza dal tecnico non è un referto in quanto la validazione del tecnico costituisce una mera validazione tecnica. Solo dopo la successiva validazione del medico esso assume quindi il carattere di referto” (doc. 7), senza dare risposte in ordine all’assunzione diretta di responsabilità dei Tecnici che rilasciano il dato analitico, che non viene filtrato dal controllo del Dirigente medico, ed alla evidente disparità di trattamento ed illogicità abnorme insita nella considerazione che gli utenti del servizio sanitario che vengono accolti in regime di urgenza sono trattati sulla base di dati analitici privi di validazione clinica, al contrario di quelli accolti in regime ordinario che vengono curati sulla base di veri e propri referti medici; - che di conseguenza, con diffida stragiudiziale anticipata a mezzo PEC (doc. 8) in data 10/12/2018 ed inviata a mezzo raccomandata (doc. 9) in data 12/12/2018, i Tecnici di Laboratorio in servizio presso l’Ospedale di Teramo chiedevano all’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo di provvedere a modificare gli ordini di servizio impartiti al personale tecnico di comunicare i risultati di laboratorio senza validazione clinica, con l’avvertimento che in caso contrario sarebbero stati costretti ad agire in giudizio; - che con nota interna prot. 0124284/18 del 27/12/2018 indirizzata al Direttore Generale, il Direttore di Dipartimento esponeva le ragioni per le quali gli ordini di servizio vigenti presso l’Azienda USL n. 4 di Teramo non dovevano essere modificati, adducendo a sostegno della propria posizione che la possibilità del Tecnico di Laboratorio di trasmettere il risultato analitico privo di validazione clinica sarebbe prevista da un asserito “quadro normativo della Regione Abruzzo che disciplina l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie”; - che in particolare, secondo il Direttore di Dipartimento, “il manuale di autorizzazione dei servizi di Medicina di Laboratorio (laboratorio analisi e anatomia patologica) e punto prelievo esterno allegato come parte integrante della deliberazione del 01.07.2008 n. 591/P [senza peraltro specificare l’autorità emanante], nella parte relativa ai requisiti minimi organizzativi, al punto 123 prescrive testualmente quanto segue: il tecnico di Laboratorio può trasmettere direttamente i risultati degli esami richiesti in urgenza (validazione tecnica), purché vengano rispettati i criteri sopra stabiliti (validazione tecnica)”; - che il Direttore di Dipartimento, dunque, sosteneva che, nel dettare gli ordini di servizio, si sarebbe “attenuto alle disposizioni impartite dal Legislatore Regionale”, senza, tuttavia, specificare in quale legge – peraltro regionale – sia prevista una nuova responsabilità in capo ai Tecnici di Laboratorio e soprattutto ignorando che il punto 123 richiamato non indica neppure un precetto giuridico, essendo, invece, semplicemente un quesito di un questionario utile ad ottenere l’accreditamento del laboratorio presso il sistema sanitario nazionale”. Dedotto tutto quanto precede, gli allora ricorrenti chiedevano al Tribunale l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “Voglia Ill.mo Giudice del Lavoro, respinta e disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, anche previa disapplicazione ex artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, di ogni atto o regolamento in contrasto con norme e principi sopra richiamati, - nel merito: - accertare e dichiarare che gli ordini di servizio vigenti presso l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo, in persona del Direttore Generale pro tempore, C.F. 00115590671, disposti con nota prot. int. n. 75 del 16.09.2014, avente ad oggetto “modifica turni di servizio del Laboratorio di Patologia Clinica di Teramo” e nota prot. int. n. 14 dell’11.05.2016, avente ad oggetto “Validazione Tecnica”, richiamati in narrativa, sono illegittimi ovvero illeciti, unitamente a tutti gli atti di pari tenore eventualmente adottati dal datore di lavoro e, per l’effetto, - accertare e dichiarare la nullità ovvero disporre l’annullamento degli ordini di servizio disposti dall’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo, in persona del Direttore Generale pro tempore, C.F. 00115590671, con nota prot. int. n. 75 del 16.09.2014, avente ad oggetto “modifica turni di servizio del Laboratorio di Patologia Clinica di Teramo” e nota prot. int. n. 14 dell’11.05.2016, avente ad oggetto “Validazione Tecnica”, richiamati in narrativa, unitamente a tutti gli atti di pari tenore eventualmente adottati dal datore di lavoro, - condannare l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo, in persona del Direttore Generale pro tempore, C.F. 00115590671, ad adottare degli ordini di servizio che consentano, anche per tutte le analisi richieste nelle ore notturne in regime di urgenza, l’apposizione della Validazione Clinica sul dato analitico prima di essere trasmesso al richiedente; - vietare all’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo, in persona del Direttore Generale pro tempore, C.F. 00115590671, di rilasciare al richiedente i dati analitici validati dai Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico senza la Validazione Clinica del Dirigente”. Si costituiva l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 4 di Teramo, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo; nel merito, contestava la fondatezza del ricorso medesimo. A seguito di decreto di trattazione scritta regolarmente comunicato alle parti, i ricorrenti depositavano le proprie note, chiedendo preliminarmente la previa declaratoria di cessazione della materia del contendere: ciò sul rilievo che, con ordine di servizio del 9 giugno 2020, il Direttore di Dipartimento dei Servizi dell’Azienda resistente aveva provveduto ad istituire la Guardia Attiva h24 della Dirigenza Medica presso il P.O. di Teramo; chiedeva, quindi, la condanna alle spese della ASL in virtù del principio di soccombenza virtuale. La ASL resistente insisteva nelle conclusioni già rassegnate, chiedendo in subordine dichiararsi il difetto di interesse in capo ai ricorrenti. °*°*°*°*°* Il Tribunale, in via preliminare, dichiarava la cessazione della materia del contendere, motivando nel senso che, a seguito dell’adozione, da parte del Direttore di Dipartimento dei Servizi dell’Azienda resistente, dell’anzidetto ordine di servizio del 9 giugno 2020, che a partire dal 1° luglio 2020 nuovamente istituiva la guardia medica attiva h24, veniva così realizzato il bene della vita perseguito dai ricorrenti con il giudizio, costituito dall’interesse ad essere sempre assistiti dal Dirigente medico competente ai fini della validazione clinica, in modo da non essere onerati, di fatto, da responsabilità agli stessi non attribuibili. Lo stesso Tribunale effettuava inoltre la valutazione del merito della domanda ai fini della regolamentazione delle spese di lite, secondo il principio della soccombenza virtuale. Dalla motivazione della sentenza si evince chiaramente che il Tribunale ha ritenuto la fondatezza della domanda proposta dai ricorrenti sulla base di due connesse rationes decidendi. Invero, il Tribunale per un verso ha riconosciuto l’illecito aggravio di responsabilità per i Tecnici di Laboratorio i quali, per gli esami eseguiti in urgenza nelle ore notturne, avrebbero dovuto trasmettere direttamente il dato analitico al medico richiedente e valutare se provocare o meno l’intervento del Dirigente Medico; per altro verso, ha riconosciuto comunque il diritto dei Tecnici di Laboratorio ad essere affiancati dal Dirigente Medico nell’esecuzione della propria prestazione lavorativa, in quanto i primi devono lavorare con la collaborazione indispensabile del secondo. Avverso la sentenza di primo grado ha interposto appello la ASL, la quale ha censurato la sentenza stessa, dichiarativa della cessata materia del contendere, in punto di soccombenza virtuale e di delibazione sulle spese di lite. Pertanto, la ASL appellante ha chiesto riformarsi la sentenza gravata e condannarsi gli appellati al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, da distrarsi in favore del procuratore antistatario. Gli appellati hanno contestato l’ammissibilità e la fondatezza del gravame, chiedendone il rigetto, con la conferma della sentenza impugnata e con la vittoria delle spese processuali, da distrarsi in favore del procuratore antistatario. ========== L’appello come proposto – previo esame congiunto delle censure formulate, siccome involgenti questioni connesse – appare infondato e va quindi respinto, alla luce delle considerazioni che seguono. Va premesso che la figura professionale del tecnico sanitario di laboratorio biomedico è delineata dall’art. 1 comma 2 del D.M. n. 745/1994 nel modo che segue: “Il tecnico sanitario di laboratorio biomedico: a) svolge con autonomia tecnico professionale la propria prestazione lavorativa in diretta collaborazione con il personale laureato di laboratorio preposto alle diverse responsabilità operative di appartenenza; b) è responsabile, nelle strutture di laboratorio, del corretto adempimento delle procedure analitiche e del proprio operato, nell'ambito delle proprie funzioni in applicazione dei protocolli di lavoro definiti dai dirigenti responsabili; c) verifica la corrispondenza delle prestazioni erogate agli indicatori e standard predefiniti dal responsabile della struttura; d) controlla e verifica il corretto funzionamento delle apparecchiature utilizzate, provvede alla manutenzione ordinaria ed alla eventuale eliminazione di piccoli inconvenienti; e) partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro nell'ambito della struttura in cui opera; f) svolge la sua attività in strutture di laboratorio pubbliche e private, autorizzate secondo la normativa vigente, in rapporto di dipendenza o libero-professionale.” A sua volta, l’art. 9 DPCM 10 febbraio 1984 (recante “indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni in materia di requisiti minimi di strutturazione, di dotazione strumentale e di qualificazione funzionale del personale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio”) riserva al direttore responsabile di laboratorio generale di base (o di base con settori specializzati, o specializzato) la verifica di attendibilità dei risultati e la firma dei risultati delle analisi. In forza di tale disciplina, si è andata consolidando la giurisprudenza amministrativa in punto di illegittimità degli ordini di servizio che facciano ricadere sui tecnici di laboratorio compiti e responsabilità che non competono loro, come effettuare, durante l’orario di reperibilità dei medici, prestazioni di competenza medica come la sottoscrizione dei referti di analisi, pur essendo essi del tutto privi di cognizioni in materia (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2003 n. 4304; nonché T.A.R. Toscana, sez. II, 2 agosto 2000 n. 1772). Orbene, nella specie, come rilevato dal Tribunale, ai ricorrenti è stata formalmente affidata dalla ASL la sola validazione tecnica e non anche la sottoscrizione del referto, sicché non è stata affidata formalmente la validazione clinica. Sennonché, il fatto che il dato analitico venga fruito dai medici di reparto richiedenti senza alcuna validazione clinica o, comunque, senza l’assistenza del Dirigente medico competente in patologia clinica, finisce con l’addossare al tecnico di laboratorio, comunque, delle responsabilità che non gli competono, estranee alla sua figura professionale. D’altra parte – come parimenti rilevato dal primo giudice – si tratta di risultati di analisi che assumono un rilievo essenziale nel trattamento sanitario e, quindi, di una prestazione che la normativa posta dall’anzidetto art. 9 DPCM 10 febbraio 1984 riserva all’intervento ed alla responsabilità del direttore di laboratorio il quale risponde, oltre che dell’organizzazione complessiva del servizio, anche del controllo dei relativi risultati. A tale riguardo, va richiamata la giurisprudenza amministrativa secondo cui “è illegittimo il provvedimento con il quale è stata disciplinata la procedura a cui attenersi per le richieste di analisi in urgenza che prevede la presenza del solo tecnico di laboratorio, in quanto è indispensabile anche la presenza fisica del laureato nel laboratorio nello svolgimento della propria attività lavorativa di certificazione del dato tecnico e di formulazione dei relativi giudizi valutativi” (così T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 19/04/2007, n. 455). Ne consegue la illegittimità degli ordini di servizio originariamente impugnati dagli odierni appellati, i quali costringono il Tecnico di laboratorio a lavorare in solitudine, siccome privo della necessaria collaborazione del Dirigente di laboratorio il quale, mediante la sua validazione clinica, rende fruibile i risultati derivanti dalla validazione tecnica. D’altronde, si tratta di opzione ermeneutica avallata – come rilevato dal Tribunale – dalla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, con particolare riferimento ad una fattispecie analoga a quella oggi al vaglio, nella quale era stato previsto che durante l’orario di lavoro ordinario il medico avrebbe dovuto sottoscrivere i referti degli esami di laboratorio, mentre durante l’orario di reperibilità, in cui l’esame veniva richiesto solo in caso di urgenza, le prestazioni avrebbero dovuto essere espletate dal solo tecnico, con l’obbligo di comunicare per telefono il risultato al reparto richiedente; con la conseguenza che, in tali casi, il medico curante avrebbe dovuto, in caso di urgenza, decidere la terapia in base ad una comunicazione telefonica di un tecnico privo di ogni competenza medica per esercitare un controllo critico sul risultato degli esami richiesti (sentenza n. 4304 del 29 luglio 2003, già citata sopra). Nel detto ordine di concetti, la illegittimità della mancanza di collaborazione costante da parte del dirigente medico appare ancora più evidente nella verifica relativa alla sussistenza dei “Valori di Panico” – idonei a destare serie preoccupazioni sullo stato di salute – in cui viene richiesto al tecnico di laboratorio di interloquire sul da farsi col Dirigente reperibile per via telefonica (dopo aver ripetuto l’esame); con la conseguenza che al tecnico stesso vengono addossate responsabilità esulanti dal ruolo svolto perfino nelle occasioni di maggiore criticità. Per completezza, con riferimento al Decreto del Commissario ad acta della Regione Abruzzo n. 61 del 2 dicembre 2011, deve osservarsi – in linea con la sentenza gravata – che il Decreto medesimo non intende affatto assegnare al tecnico di laboratorio responsabilità superiori a quelle previste dalla normativa primaria: ciò in quanto lo stesso Decreto prevede che “è assicurata l’attività di consulenza per l’interpretazione dei risultati delle analisi al fine di rispondere alle necessità ed alle richieste degli utenti”; e, peraltro, la possibilità prevista per il tecnico di laboratorio di trasmettere i risultati degli esami richiesti in urgenza (validazione tecnica), non esclude comunque – come parimenti evidenziato dal Tribunale – la necessità della presenza del Dirigente medico ai fini della validazione clinica. Ne consegue doversi condividere l’approdo della sentenza gravata secondo cui – dovendosi ritenere la sussistenza del diritto degli odierni appellati ad essere costantemente affiancati dalla presenza del Dirigente medico per completare l’iter di refertazione – la soccombenza virtuale, ai fini della delibazione in ordine al pagamento delle spese di lite, va ravvisata in capo alla odierna appellante. ========== Le considerazioni fin qui svolte inducono al rigetto dell’appello ed alla corrispondente conferma della sentenza gravata. Le spese processuali del grado seguono la soccombenza, venendo liquidate come da dispositivo in base ai parametri di legge. Sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2012, introdotto dall’art. 1 comma 17 L. n. 228/2012, per il pagamento di un ulteriore contributo unificato. P.Q.M. La Corte di Appello di L’Aquila, Sezione Lavoro e Previdenza, definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. 50/2021 pubblicata dal Tribunale di Teramo, in funzione di giudice del lavoro, in data 3 febbraio 2021, contrariis reiectis, così decide: - respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza gravata; - condanna l’appellante alla rifusione delle spese processuali del grado, liquidate quali compensi professionali in € ……………….. oltre rimborso forfettario, IVA e CPA, da distrarsi in favore del procuratore antistatario; - dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. Così deciso nella camera di consiglio telematica del 7 aprile 2022 IL CONSIGLIERE EST. IL PRESIDENTE Dr. Ciro Marsella Dr. Luigi Santini