MASSIME 1. Nei pubblici concorsi, i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l'obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle condizioni tassativamente previste dall'art. 51 c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma possano essere oggetto di estensione analogica. L'appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza tra commissario e candidato non costituiscono ipotesi di incompatibilità, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale. 2. In materia di concorsi pubblici banditi dalla Azienda sanitaria locale, è irrilevante l’assenza di laurea di un componente della commissione esaminatrice, poiché l’art. 44 DPR 220/2001 prevede che i due componenti siano operatori “appartenenti alla categoria D dello stesso profilo di quello messo a concorso”, collegando la competenza non già al possesso di un titolo di studio equivalente a quello richiesto per l’accesso dall’esterno bensì all’appartenere ad una determinata categoria. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 259 del 2014, proposto da: contro Asl 105 - Pescara, rappresentata e difesa dall'avv. Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso Tommaso Marchese in Pescara, Via Misticoni, 7; nei confronti di - D. R., rappresentata e difesa dall'avv. Melania Melizzi, con domicilio eletto presso Tar Pescara Segreteria in Pescara, Via Lo Feudo 1; per l'annullamento della delibera n. 532 del 19 maggio 2014 con la quale il Direttore Generale della ASL di Pescara ha disposto l'approvazione degli atti del concorso pubblico, per titoli ed esami, per l'assunzione a tempo indeterminato di 2 collaboratori amministrativi, della delibera n. 433 del 17 aprile 2014 di nomina della commissione esaminatrice; del verbale d'esame in data 15 maggio 2014, nonchè di ogni altro atto anche non conosciuto, prodromico, consequenziale e/o comunque connesso a quelli espressamente impugnati. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Asl 105 - Pescara e di D. R., M. D. C., A. P., P. T. e A. R.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 marzo 2015 il dott. Alberto Tramaglini e uditi per le parti i difensori l'avv. Pietro Chimisso per la parte ricorrente, l'avv. Alessandra Rulli per l'amministrazione resistente, l'avv. Sabrina Di Giovanni su delega dell'avv. Giuseppe Giallorreto, l'avv. Vittorio Emanuele Russo, l'avv. Maria Luisa Palladino, l'avv. Luca Presutti anche per delega dell'avv. Teresa Musacchio e l'avv. Melania Melizzi per le parti controinteressate Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1 - E’ oggetto di impugnazione l’esito del concorso pubblico, per titoli ed esami, indetto dalla ASL di Pescara (del. dir. gen. 70/2012) per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di due collaboratori amministrativi professionali (cat. D), un posto dei quali riservato al personale interno. Con sentenza 496/2013 (confermata da Cons. St., III, 1622/2014) questo TAR, su ricorso dell’attuale ricorrente e di altra candidata, entrambi risultati non idonei, aveva annullato la precedente graduatoria finale disponendo la ripetizione della prova orale. Con delibera 416/2014 la ASL ha quindi revocato l’assunzione dei concorrenti che nelle more dei due gradi di giudizio avevano ricoperto i posti disponibili (in numero di 11 a tempo indeterminato e 2 con contratto a termine) e con successiva delibera 433/2014 ha disposto la riedizione della prova orale con nomina di una nuova commissione. La prova si è svolta il 15 maggio 2014 al cui esito i concorrenti (complessivamente 15) sono stati dichiarati tutti idonei, fatta eccezione per il ricorrente che ha conseguito il punteggio di 10/20, inferiore al limite di 14/20 fissato dall’art. 5 del bando. Con il ricorso in esame è stata quindi dedotta l’illegittimità della procedura. Si sostiene in particolare l’illegittima composizione della commissione: i) per l’incompatibilità del suo presidente, direttore della UOC Gestione risorse umane e direttore del Dipartimento Gestione e sviluppo delle risorse umane, a causa dello “stretto e perdurante rapporto, gerarchico e funzionale” tra lo stesso “ed alcuni dei concorrenti che erano già dipendenti della AUSL di Pescara, vuoi perché appartenenti alla quota riservata … al personale interno, vuoi per essere affluiti nelle posizioni vacanti” a seguito della graduatoria annullata, il che manifesterebbe la presenza delle gravi ragione di astensione di cui all’art. 51 c.p.c.; ii) l’incompatibilità del presidente si manifesterebbe anche ai sensi del n. 5 dell’art. 51 c.p.c. in relazione alla sua identificazione con la figura del datore di lavoro; iii) sarebbe illegittima la nomina degli altri due componenti interni per contrasto con l’art. 44 dpr 220/2001; iv) la Commissione difetterebbe di adeguata qualificazione. Si deduce, inoltre, v) che la prova si è svolta con modalità illegittime. Si è costituita in giudizio la ASL resistente che ha concluso per il rigetto del ricorso. Analoghe conclusioni hanno assunto i controinteressati costituitisi in giudizio. I controinteressati Teramo e Palmintesta hanno altresì eccepito la tardività del ricorso ritenendo che l’atto di nomina della commissione dovesse essere impugnato immediatamente e non all’esito della procedura. Per il primo, inoltre, il termine di impugnazione della prova decorrerebbe dalla data in cui la stessa si è svolta, essendo stato contestualmente affisso l’esito recante la definitiva esclusione del ricorrente dalla procedura. All’udienza di discussione le parti hanno ribadito le rispettive posizioni. 2 - L’eccezione di tardività si basa sulla seguente scansione dei fatti: - 17 aprile 2014, data di adozione dell’atto n. 433 di nomina della commissione; - 22 aprile, comunicazione ai concorrenti della data di svolgimento della prova orale, da cui viene desunta la conoscenza della composizione della Commissione da parte del ricorrente (v. memoria P. 1 sett. 2014, pag. 3, nota 1); - 15 maggio, data di svolgimento della prova e contestuale affissione dei risultati; - 19 maggio, deliberazione n. 532 di approvazione degli atti della procedura; - 14 luglio, data di notificazione del ricorso. L’eccezione evidenzia il comportamento del candidato che, pur ritenendo che la composizione della commissione non sia in grado di assicurarne imparzialità e competenza, si sottopone tuttavia al giudizio della medesima riservandosi di impugnarne l’esito anziché contestare immediatamente l’atto di nomina. Pur a prescindere dall’orientamento, decisamente prevalente, richiamato dal ricorrente, nella fattispecie la successione temporale degli atti comunque esclude che potesse sussistere l’onere di immediata impugnazione dell’atto di nomina. Anche a seguire la tesi dei controinteressati, infatti, il termine ultimo per l’impugnazione autonoma del suddetto atto si collocherebbe in una data successiva allo svolgimento della prova e alla conoscenza del suo esito (15 maggio, in cui il ricorrente era ancora ampiamente nei termini, anche a fissarne la decorrenza dalla data di adozione, 17 aprile, per censurare l’atto in questione). Tale constatazione depotenzia il fondamento dell’eccezione, rinvenibile in Cons. St., III, 5023/2012 richiamata dalla controinteressata P.: “… è facile immaginare che se, per avventura, costui fosse risultato vincitore, non avrebbe trovato nulla da eccepire sulla commissione; sicché si potrebbe avanzare anche la tesi (che in questa sede non vi è bisogno di approfondire) che supposti vizi procedimentali di questo genere, dei quali è umanamente impossibile stabilire se abbiano avvantaggiato o piuttosto svantaggiato l’uno o altro dei concorrenti, debbano essere denunciati prima ancora che si sappia l’esito del concorso, dovendosi ritenere che altrimenti vi sia stata acquiescenza” (analoghe considerazioni svolge il controinteressato Teramo con richiamo di sentenze del TAR Campania, Napoli, del 2010). E’ infatti evidente che, venendo a scadere il termine di impugnazione in data successiva alla conoscenza dell’esito del concorso, la proposizione del ricorso viene ad essere necessariamente ricollegata ad un esito negativo della prova, sicché la concentrazione dei tempi esclude che nella fattispecie l’atto di nomina dovesse essere impugnato prima della conoscenza dell’esito e che al ricorrente potesse imporsi l’onere di attivarsi prima di quanto abbia effettivamente fatto. Non sembra d’altronde sostenibile l’affermazione di un onere di impugnare nei 60 giorni dal 17-22 aprile la delibera di nomina e poi proporre, con motivi aggiunti nei 60 giorni dal 15-19 maggio, le censure contro la prova e le sue modalità di svolgimento. L’eccezione di tardività va quindi disattesa. L’ulteriore profilo sollevato dal controinteressato T. non tiene conto che il ricorso è stato consegnato per la notifica il 14 luglio 2014, e quindi entro il termine di decadenza anche a fissare il dies a quo alla data del 15 maggio. 3 - Con il primo motivo il ricorrente sostiene dunque che quanto meno il presidente, se non anche gli altri due esaminatori, “avrebbe dovuto declinare la nomina in commissione in nome delle gravi ragioni di convenienza ex art. 51 ultimo comma c.p.c., stante il legame con alcuni candidati, cementato non solo e semplicemente da un generico rapporto di colleganza, che pur basterebbe ad invocare l’incompatibilità, ma finanche dalla preposizione al medesimo ufficio”. Astensione tanto più imposta trattandosi di riedizione di procedura già annullata per profili inerenti la violazione del principio di trasparenza. Evidenzia che il particolare ruolo dallo stesso assunto nell’ambito della ASL era tale da determinare uno “stretto e perdurante rapporto, gerarchico e funzionale” con tre concorrenti, che -“vuoi perché appartenenti alla quota riservata … al personale interno, vuoi per essere affluiti nelle posizioni vacanti grazie alla graduatoria di merito a scorrimento…”- hanno prestato servizio nella stessa Unità operativa e nel medesimo Dipartimento facenti capo al medesimo. Sulla questione va ricordato che “Come ha chiarito questo Consiglio di Stato (sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1606, sez. VI 27 novembre 2012, n. 4858 e 31 maggio 2012 n. 3276) nei pubblici concorsi i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l'obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle condizioni tassativamente previste dall'art. 51 del codice di procedura civile, senza che le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma, tra le quali non rientra, di per sé (e cioè in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio), l'appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza, possano essere oggetto di estensione analogica” (Cons. St, VI, 4789/2014). È stato anche precisato che l’incompatibilità tra esaminatore e concorrente “implica una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti di intensità tale da far ingenerare il sospetto che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario” (Cons. St., VI, 2589/2001, passaggio citato a pag. 9 del ricorso). Il che evidenzia come la proposizione alla medesima articolazione aziendale non sia in grado di integrare una “comunanza di interessi economici o di vita” di particolare intensità, non scaturendo dai rapporti che in tale ambito si instaurano alcun “sodalizio professionale” (come invece si sostiene a p. 10 del ricorso). 3.1 - Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che la carica di presidente della commissione sarebbe comunque incompatibile con il potere direttivo e gerarchico che il medesimo ha, nella sua veste di dirigente, su alcuni candidati e che lo identificano con il soggetto che esercita i poteri del datore di lavoro pubblico. Ne deriverebbe un “connubio di interessi”, considerato che le funzioni di direzione del personale “incidono sulla retribuzione di risultato dei dipendenti sottoposti e sulla loro progressione di carriera; che cospicue maggiorazioni retributive possono derivare, sempre rimesso alla discrezionalità del dirigente, di alcuni dipendenti più di altri in regime di lavoro straordinario; che, per converso, la qualità del lavoro di teamespressa dai dipendenti o il loro non lavoro incidono sulla produttività e sul sistema premiale che porta a definire la parte accessoria del trattamento del capo della struttura” (pag. 11). Il Collegio ritiene di dover escludere che la figura del datore di lavoro ai fini di cui all’art. 51 c.p.c. possa identificarsi con ciascun dirigente che eserciti le proprie funzioni in piena autonomia e senza dipendenza gerarchica dal direttore generale, condividendosi quindi l’assunto difensivo (pag. 10 memoria ASL) che richiama la previsione legislativa che attribuisce al direttore generale i poteri di gestione e di rappresentanza dell’azienda sanitaria (art. 3, co. 6, d.lgs. 502/1992) e la giurisprudenza che concordemente riconnette a tale ruolo la figura del datore di lavoro. La prospettata situazione di incompatibilità viene quindi riferita all’ipotesi in cui l’esaminatore sia incardinato nella stessa struttura o dipartimento in cui opera il candidato, ma va in senso contrario ribadito che non si determina l’obbligo di astensione per il fatto che della commissione di concorso faccia parte un componente che appartiene allo stesso ufficio di candidati classificatisi ai primi posti e dall’essere questi ultimi legati al primo da rapporti di subordinazione gerarchica. Infatti, l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di subordinazione non sono riconducibili ad alcuno dei casi previsti dall’art. 51 c.p.c.: non alle ipotesi di cui al comma 3 (causa pendente, rapporti di credito e debito, grave inimicizia) e neppure alle ipotesi di cui al comma 5 (tutore, curatore, datore di lavoro di una delle parti); né, comunque, è stata provata l’esistenza di una relazione tra i due candidati e il componente della commissione contrassegnata dai caratteri di sistematicità e di intensità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio idoneo ad imporre l’obbligo di astensione (così Cons. St., IV, 1606/2013). Lo svolgimento del rapporto lavorativo non dà quindi luogo alla “frequentazione quotidiana” ed alla “comunanza di interessi” in grado di evidenziare “il rischio di inquinamento del giudizio valutativo” (così il ricorrente nelle repliche del 20 febbraio 2015), salvo non vengano evidenziate –cosa che nella fattispecie non è avvenuta- concrete circostanze che denotino che tra i predetti soggetti vi è un rapporto che eccede l’ambito lavorativo e dà luogo alle situazioni in cui l’imparzialità del giudizio è in partenza compromessa. Entrambi i motivi vanno dunque respinti. 4 – Si deduce poi la violazione dell’art. 44 del DPR 220/2001 che, per quanto qui interessa, dispone: “1. Le commissioni esaminatrici, nominate dal Direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, sono composte dal presidente, da due operatori appartenenti alla categoria "D" dello stesso profilo di quello messo a concorso e dal segretario. 2. Dei due operatori, uno è scelto dal Direttore generale ed uno viene designato dal collegio di direzione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, fra il personale in servizio presso le unità sanitarie locali o le aziende ospedaliere o gli enti di cui all'articolo 21, comma 1, situati nel territorio della regione. 3. La presidenza è affidata a personale in servizio presso l'azienda che bandisce il concorso con qualifica … di dirigente amministrativo per il profilo di collaboratore amministrativo professionale”. Il ricorrente sostiene che la nomina dei componenti di cui al secondo comma è viziata in quanto la norma, allorché prescrive che gli stessi membri vanno scelti nell’ambito del personale in servizio presso aziende ed enti “situati nel territorio della regione”, escluderebbe dal suo novero i dipendenti della stessa ASL che bandisce il concorso. La scelta dell’Azienda di nominare esclusivamente membri interni sarebbe quindi in contrasto con la norma e comunque illogica. Il Collegio ritiene che il motivo non sia fondato. Come evidenziano le parti resistenti, la lettera dell’art. 44 non esclude dal novero dei soggetti nominabili il personale in servizio presso l’azienda che bandisce il concorso, non essendo in essa inserita alcuna locuzione che consenta di riferirne l’ambito soggettivo esclusivamente ai dipendenti degli altri enti o aziende operanti nel territorio regionale. D’altronde, la disposizione non contiene indicazioni univoche da cui desumere che la ratio ispiratrice sia stata quella di evitare la formazione di commissione interamente “domestiche”, che cioè si sia inteso assicurare l’imparzialità dell’organo precostituendo una composizione in cui “il membro interno, in teoria più influenzabile ed esposto a pressioni, perché legato a rapporto di lavoro alla PA che conduce il concorso, può essere messo in minoranza, nelle scelte valutative, dagli altri due commissari” (pag. 13 del ricorso). La legislazione di settore esprime invece un principio opposto, visto che l’art. 35, co. 3 lett. e), d.lgs. 165/2001 include nel novero dei componenti delle commissioni anche i “funzionari delle amministrazioni”, senza che emergano dal coevo DPR 220 indicatori di una regola opposta che valga solo per i concorsi ASL. La stessa previsione del terzo comma -che impone che il presidente della commissione, vale a dire il componente più qualificato, sia un dirigente dell’ente che gestisce la procedura- d’altronde non denota affatto una diffidenza verso i membri interni. Sostiene ancora la ricorrente che, ammesso pure che la norma non escluda in via di principio gli interni, la scelta concretamente effettuata sarebbe comunque illogica e non rispondente ai canoni di buona amministrazione. L’Amministrazione avrebbe cioè dovuto privilegiare la nomina di componenti esterni in considerazione delle particolari vicende della procedura in questione, il cui pregresso annullamento per la “particolare opacità” delle operazioni avrebbe dovuto imporre “non solo essere, ma anche apparire, tanto più imparziale e distante dall’interesse individuale dei candidati” (pag. 10 mem. 20.2.2015). Va sul punto segnalato che la nomina della commissione è stata effettuata con atto del 17 aprile 2014, vale a dire dieci giorni dopo la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato di conferma dell’annullamento della precedente prova orale (7 aprile 2014), mentre la deliberazione che ha concluso la procedura è del il 19 maggio 2014, il che evidenzia l’estrema concentrazione dei tempi che l’Amministrazione si è imposta, tendenzialmente incompatibile con l’apertura di una fase diretta ad individuare componenti esterni. La considerazione che la richiamata normativa non contiene alcun favor verso la nomina di esterni evidenzia, comunque, che la garanzia di imparzialità non è legata alla sede lavorativa dei membri della commissione e che la composizione “domestica” della stessa non può essere perciò considerata di per sé illegittima. E’ stato d’altronde sul punto affermato (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 19 aprile 2014, n. 4338), e la considerazione vale anche per la successiva censura, che non v’è a carico dell’amministrazione alcun obbligo di motivare la scelta del singolo commissario, anche qualora i componenti possano essere scelti fra soggetti appartenenti a categorie professionali diverse, in quanto la stessa qualifica rivestita denota l’idoneità a svolgere il compito assegnato (cfr. anche Tar Campania, Napoli, sez.VI, n.3842/2013). 5 - Il ricorrente deduce ulteriormente la violazione dell'art. 35, comma 3, lett. e), d.lgs. n. 165 del 2001 (“Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: … e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime”), sul rilievo che uno dei due commissari nominati dal direttore generale “non aveva e non ha nemmeno quel minimum di titoli richiesto … per la copertura ab externo del posto di cat. D), ossia la laurea in discipline giuridiche ed economiche o titolo accademico equipollente, potendo solo vantare il diploma di scuola secondaria” (ricorso, pag. 15). Sostiene che la suddetta provata competenza implica quantomeno il possesso di un titolo di studio pertinente alla materia di esame di livello almeno pari a quello necessario per partecipare (richiamando TAR Bologna 8082/2010) e che tale esigenza è ancora più manifesta riguardo allo svolgimento della prova orale, in quanto diretta a saggiare le conoscenze teoriche del candidato. Anche tali argomentazioni non trovano conferma nella normativa di riferimento, visto che il ricordato art. 44 dpr 220/2001 prevede che i due suddetti componenti siano operatori “appartenenti alla categoria D dello stesso profilo di quello messo a concorso” e non consente, perciò, alcuna distinzione in relazione al modo di accesso alla categoria (dall’esterno o attraverso progressioni verticali). Va poi rilevato che costituivano requisiti di ammissione alla procedura “diploma di laurea in Giurisprudenza o in Economia e Commercio o in Scienze Politiche o equipollenti conseguito secondo il vecchio ordinamento”, le corrispondenti lauree specialistiche, nonché la laurea triennale in varie discipline (Scienze dell’Economia e della Gestione Aziendale; Scienze Economiche, Scienze dell’Amministrazione e dell’Organizzazione, Scienze dei Servizi Giuridici, Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali), da cui emerge che la formazione richiesta ai candidati non era esclusivamente di tipo giuridico né del livello conseguibile al termine di un piano di studi quinquennale. Va anche segnalato che la prova orale aveva ad oggetto (oltre agli elementi di informatica e alla lingua straniera) le materie delle precedenti prove, per cui non sembra esatta l’argomentazione del ricorrente riguardo al taglio necessariamente teorico della stessa, non essendo alla medesima estranei, ai sensi del bando, gli argomenti inerenti la “esecuzione di tecniche specifiche o predisposizione di atti” (oggetto della prova pratica, art. 5 del bando) o quelli di stampo non strettamente giuridico (organizzazione delle aziende sanitarie). In fattispecie in cui la parte ricorrente aveva dedotto la carenza in capo a componente di una commissione della qualità di esperto di comprovata esperienza rispetto alle materie oggetto di selezione, in quanto sfornita di laurea in materie giuridiche poiché laureata in Lettere, è stato di recente affermato che "non può dubitarsi che ad un funzionario comunale investito di posizioni di responsabilità in seno alla struttura burocratica dell'Ente, vuoi per la esperienza maturata nella sede di lavoro, vuoi per la preparazione teorico-pratica acquisita in vista delle prove concorsuali di accesso alla qualifica iniziale ed a quelle superiori successivamente raggiunte, possa mancare quella conoscenza non superficiale degli istituti fondamentali del diritto amministrativo, senza la quale sarebbe addirittura difficile ipotizzare l'esercizio di funzioni professionali di responsabilità all'interno della compagine amministrativa”. È stato perciò ritenuto che la medesima componente, quale funzionario amministrativo contabile e responsabile del Settore Cultura del Comune, “era per ciò stesso titolare, per le esperienze maturate, la qualifica rivestita e la responsabilità ricoperta, di una provata competenza ed esperienza rispetto alle tematiche del "nuovo assetto istituzionale locale" e della "responsabilità del procedimento", per lo meno ai fini dell'ingresso in una Commissione di concorso per l'accesso a posizioni delle categorie D1-D5 del profilo di funzionario di vigilanza” (Cons. St., V, 494/2015). Tali conclusioni sono trasferibili al caso in esame, essendo la prova in questione incentrata, oltre che sul diritto amministrativo, anche su argomenti settoriali (legislazione sanitaria, responsabilità dei pubblici dipendenti, tutela della privacy) che, tenuto conto del titolo base per l’accesso al concorso dato dalla laurea triennale, non possono ritenersi estranei alle competenze del dipendente in possesso di adeguata anzianità di servizio per accedere alla categoria D. Il motivo va quindi rigettato, risultando che i membri della commissione rispondono ai requisiti di cui al citato art. 44, collegati non già al possesso di un titolo di studio equivalente a quello richiesto per l’accesso dall’esterno bensì all’appartenere ad una determinata categoria. 5.1 - Riguardo al profilo secondo cui “nessuno dei membri della commissione aveva i titoli e/o l’attitudine a giudicare i candidati nelle due materie speciali comprese nella prova orale, ossia l’informatica e la lingua straniera” (pag. 18 del ricorso), il Collegio ritiene, condividendola nei termini di seguito precisati, di richiamare il principio espresso da TAR Lazio, III, 2826/2014: “La non corretta composizione di una Commissione esaminatrice non può, di per sé, integrare un motivo di ricorso da parte del candidato non soddisfatto del risultato concorsuale, laddove non si dimostri che la non corretta composizione abbia influenzato l'andamento del concorso e l'esito negativo per il concorrente”. Il ricorrente ha conseguito il punteggio di 10/20, corrispondente ad una “incompleta e carente conoscenza degli elementi essenziali inerenti gli argomenti oggetto di prova” (cfr. i criteri di valutazione predisposti dalla commissione), non suscettibile di essere rimesso in discussione dall’esito di prove su materie da ritenersi di rilievo accessorio in quanto oggetto della sola prova orale e di cui era richiesta una “conoscenza almeno a livello iniziale” (lingua straniera) o limitata agli “elementi” (informatica), il cui peso sull’esito complessivo deve ritenersi pertanto marginale. Qualunque prestazione su tali materie certificata da soggetti maggiormente qualificati di quelli in concreto scelti dall’Amministrazione non sarebbe stata cioè in grado di ribaltare l’esito negativo della prova, da ritenersi logicamente fondato sulla (non contestata) carenza di adeguata conoscenza degli argomenti già oggetto delle prove scritte e pratica. 6 – Con l’ultimo motivo si contesta: - non esservi, in relazione agli artt. 12 e 15 DPR 497/1994, “alcuna certezza che le domande siano state formulate dalla Commissione prima dell’inizio della prova, atteso che le stesse figurano in allegati spillati al verbale … privi della sottoscrizione del segretario…”; - che “… la Commissione ha redatto i quesiti oggetto della prova orale su appositi bigliettini che poi ha introdotto in un contenitore alla rinfusa, senza confezionarli in busta chiusa e firmata”, formalità ritenuta “assolutamente doverosa” in quanto preordinata ad evitare la manomissione o sostituzione delle buste e ad impedire ai candidati di “sbirciare nell’urna … e scegliere le domande ... più gradite”, richiamando in merito TAR Pescara 321/2007. Il motivo è infondato alla luce delle risultanze del verbale. In esso si specifica: “le domande … vengono predisposte dalla Commissione, immediatamente prima dell’espletamento della prova orale da parte dei candidati, e ripiegate in modo da non consentire la visione del contenuto interno”, ciascuna numerata e riportata in elenchi siglati dai membri della commissione ed allegati, “quale parte integrante e sostanziale al presente verbale”. Il verbale evidenzia come siano state quindi rispettate le regole invocate, risultando irrilevante che gli elenchi delle domande non siano stati sottoscritti dal segretario, il quale ha comunque dato atto della loro allegazione all’atto. La corrispondenza tra le domande inserite nei contenitori e quelle risultanti dagli elenchi emerge poi dalla verbalizzazione delle prove dei candidati (pag. 6), in cui è riportata la numerazione degli argomenti estratti da ciascuno, rendendo possibile il confronto con quelli predisposti. Dal verbale risulta poi che sono stati adottati accorgimenti idonei ad evitare il rischio che il candidato potesse “sbirciare” nonché quello di manomissioni o sostituzioni delle schede collocate nei contenitori. Né è convincente la conclusione che la mancanza della sottoscrizione del segretario sugli elenchi di domande deporrebbe “per una mancata partecipazione della stessa … alla predisposizione dei quesiti” alimentando il dubbio “quando sono state predisposte le domande oggetto della prova orale?” (ultima pagina della replica citata). All’interrogativo –come già rilevato- risponde espressamente il verbale (“le domande … vengono predisposte dalla Commissione, immediatamente prima dell’espletamento della prova orale), mentre l’assenza della sigla del verbalizzante sugli elenchi è più plausibilmente attribuibile alla circostanza che l’elaborazione delle domande è una funzione di stretta pertinenza del collegio, tenuto conto che “il segretario non è anche “componente” della commissione di concorso: egli espleta funzioni serventi e certificatorie - stesura e cura della sottoscrizione dei verbali, conservazione degli elaborati - ma non concorre ai giudizi della commissione” (Cons. St., V, n. 344 del 25 gennaio 2003) né all’elaborazione degli argomenti della prova. Ciò che è quindi rilevante è che sia stato dato atto che la commissione ha elaborato gli elenchi delle domande nel corso della seduta e che gli stessi sono stati quindi allegati al verbale, in tal modo assicurando la fede privilegiata alle operazioni così come descritte [cfr., in fattispecie in cui le schede valutative individuali non erano state sottoscritte dai commissari, T.A.R. Marche, 10 dicembre 2012 n. 792, che ha ritenuto l’irrilevanza del vizio essendo “altrettanto vero che le stesse erano spillate al verbale a cui accedevano (questo sottoscritto regolarmente dai commissari e dal segretario) e che i voti riportati nei verbali per ciascun candidato corrispondono esattamente a quelli riportati nelle schede valutative”; nonché T.A.R. Roma sez. I, 3 novembre 2009, n. 10725: la previsione dell'art. 24 comma 1, r.d. n. 37 del 1934 secondo cui «il voto deliberato deve essere annotato immediatamente dal segretario, in tutte le lettere, in calce al lavoro. L'annotazione è sottoscritta dal presidente e dal segretario», è posta a garanzia della collegialità e contestualità della valutazione degli elaborati; tuttavia, non per questo, la sottoscrizione del Segretario deve ritenersi richiesta a pena di nullità, quantomeno nell'ipotesi in cui sia presente la sottoscrizione del Presidente, evidentemente prevista in funzione di controllo della fedeltà della verbalizzazione. In tale ipotesi, la mancanza della sottoscrizione del Segretario, si traduce in una mera irregolarità”]. 7 – Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese di giudizio vanno compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati: Michele Eliantonio, Presidente Dino Nazzaro, Consigliere Alberto Tramaglini, Consigliere, Estensore DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 23/04/2015 (sentenza confermata in appello vedi: Cons. St. sez. III, 20/01/2016, n. 192)
M. M., rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Chimisso, con domicilio eletto presso Pietro Chimisso in Pescara, Via Falcone e Borsellino,6;
- M. D. C., rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Nieddu, con domicilio eletto presso Fabio Nieddu in Pescara, viale Marconi, 375;
- A. P., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Gialloreto, con domicilio eletto presso Marco Febbo in Pescara, viale Bovio, 385;
- P. T., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Emanuele Russo, Maria Luisa Palladino, con domicilio eletto presso Tar Pescara Segreteria in Pescara, Via Lo Feudo 1;
- A. R., rappresentata e difesa dagli avv. Luca Presutti, Teresa Musacchio, con domicilio eletto presso Teresa Musacchio in Pescara, Via Napoli N. 8;
- (altri), non costituiti in giudizio;